Ho sempre percepito che insegnare yoga è innanzitutto ascoltare e prendersi cura, dando la possibilità alle persone di trovare uno spazio in cui imparano ad ascoltare e percepire la loro natura profonda.
In questo spazio, sia fisico che mentale, ciascuno pratica a partire da sé e dalle sue possibilità e si apre ad una dimensione nuova. Le posizioni di hatha-yoga sono quelle classiche della Gerhanda Samhita: la montagna, l’albero, il cane a testa in giù, il gatto, la rana, il bastone, la candela, l’aratro etc. La lezione inizia con degli scioglimenti al ritmo del respiro e mano a mano che il corpo si scioglie e si misura con posizioni un po’ più impegnative. Integro poi le asana con le tecniche di respiro (pranayama) e il rilassamento finale. A volte, qualche minuto di meditazione (vipassana) quando il gruppo è pronto a un momento di interiorizzazione più profonda.
Nell’ottica della Medicina Integrata, insegno sequenze particolari e personalizzate, a seconda dei casi che mi vengono sottoposti dal gruppo con cui lavoro.
Da un anno e mezzo insegno yoga al Centro PNEI in piazza Mincio,un luogo magico nella Roma di Coppedè.
Con Marina Risi e Lilli Trovalusci condividiamo da tempo lo yoga, la vita e l’interesse per le cure integrate e quando mi hanno proposto di collaborare anche con Sandro Specchia alla nascita del Centro, ho aderito con gioia.
Come sono arrivata ad insegnare yoga?
Nel mio secondo viaggio in India nel 1981, ho vissuto per un periodo allo Yoga Institute di Bombay, studiano con Shri Yogendra e suo figlio Yayadeva. Al mio arrivo, ho scoperto che nell’asrama c’era anche un ambulatorio dove lo yoga veniva usato come cura in patologie di origine nervosa (asma, malattie della pelle, disturbi del sonno e disturbi alimentari) Asana, pranayama, meditazione.
La giornata iniziava con la sveglia alle cinque e la sera alle otto toglievano l’elettricità. Le lezioni di hatha-yoga, la cucina vegetariana, il karma yoga, il clima umido, mettevano a dura prova le miei abitudini di vita, ma nello stesso tempo lavoravano in profondità sull’energia sottile. Di questo mi sono resa conto molto tempo dopo, il mio corpo ha ricevuto una vera iniziazione. Tornando a casa pesavo 42 chili, dieci di meno dalla partenza.
E il seme messo in India tanti anni prima è maturato dopo una quindicina di anni, quando ho lasciato il mio lavoro di produttrice di cinema e tv e ho passato un anno sabbatico in Maremma. Lì ho frequentato per un anno i corsi di Yoga di Giulia, un’insegnante speciale, che mi ha dato il coraggio di fare il passo decisivo; entrambe leggevamo in quel periodo i testi di Baba Muktananda e Gurumayi Chidvilasananda, due grandi Maestri dello Sivaismo del Kashmir.
Tornando a vivere a Roma, quella che fino a quel momento era stata una ricerca personale che mi aveva cambiato la vita, poteva diventare il mio lavoro e sentivo l’esigenza di condividerlo con gli altri. L’esperienza indiana si è poi arricchita di esperienze fatte con Maestri e metodi diversi, frequentando corsi, seminari, studiando testi e sperimentando su me stessa. Perciò nel 2003 ho fondato l’Associazione Culturale Jillyasana con sede a S.Dorotea, nel cuore di Trastevere.Praticando yoga da 25 anni, tutto si è un po’ fatto da sé e ho sentito che il mio percorso evolutivo personale si integrava naturalmente con l’insegnamento e la cura degli altri.
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